Ogni capo d’abbigliamento, si sa, ha una sua storia particolare. È chiaro: dietro si nasconde sempre qualcuno che ci ha messo la testa per pensarlo, qualcun altro che ci ha messo le mani, altri ancora che ci hanno messo il cuore, tutto finalizzato a creare qualcosa che duri nel tempo, che rimanga, e che le altre persone abbiano il piacere di indossare. Le Gym Classic sono un paio di sneakers in tela che, in questo senso, non fanno eccezione: dai campi da tennis inglesi all’Italia e al mondo, passando dal Giappone, le scarpe della Moonstar hanno avuto una storia unica, che le ha portate fino a noi.

Le sneakers in tela: un po’ di storia

Come si è detto, le Gym Classic rientrano nella categoria delle sneakers in tela, un grande classico che arriva a noi direttamente dagli anni Sessanta. Queste, infatti, traggono ispirazione dalle scarpe da tennis che in quel periodo andavano per la maggiore, prima che fossero introdotti i modelli in pelle che poi furono adottati in breve tempo su tutti i campi da gioco, per via delle prestazioni migliori in termini sportivi.

Nonostante questo cambio di moda, le sneakers in tela non sono sparite, ma anzi hanno trovato nuovi utilizzi nella vita quotidiana di milioni di persone. Proprio nel 1957 la Converse – che all’epoca viveva uno dei momenti di massima diffusione anche per via del successo ottenuto nel mondo del basket – aveva lanciato una nuova calzatura, la All-Star Low Cut, che manteneva tutti i tratti distintivi della classica All-Star High Top, restando però molto più bassa alla caviglia. Nel giro di poco tempo anche questo modello è entrato nel pantheon delle scarpe cult, quelle destinate a restare nell’immaginario di tutti noi, per non uscirne mai più.

Al successo iniziale della Converse si sono poi sommati altri eventi favorevoli che le hanno legate a momenti storici e sociali ben definiti, facendole diventare il simbolo di un’intera generazione e della controcultura nata a cavallo degli anni Settanta e Ottanta. Così, in pochi decenni, queste sneakers in tela sono passate dall’essere le scarpe degli sportivi per definizione a essere uno dei segni distintivi della ribellione giovanile, finendo ai piedi di numerosi gruppi rock quali gli AC/DC, i Ramones, i Nirvana e tanti altri. Con gli anni, poi, si è sdoganata l’immagine delle Converse, rendendole fruibili ai più disparati tipi di persone, e finendo anche ai piedi di celebrità del calibro di James Dean, uno degli attori “belli e impossibili” del cinema americano.

Moonstar e le sneakers giapponesi

Nella città di Kurume, sito nella prefettura di Fukuoka, in Giappone, esiste una realtà a sé stante, molto diversa dalle altre sue simili e in qualche modo unica. Si tratta della Moonstar, una delle tre fabbriche rimaste sul suolo giapponese che ancora produce scarpe da ginnastica son la suola vulcanizzata. Cosa significa “suola vulcanizzata”? Semplicemente, si tratta di un processo industriale tale per cui la gomma viene riscaldata con zolfo per produrne una più robusta e duratura. Questo è possibile attraverso il riscaldamento della gomma in un vero e proprio forno, in cui solo successivamente viene inserito lo zolfo per modificare la gomma a livello chimico e ottenere l’effetto desiderato. È un processo molto particolare (in giapponese si dice “Ka Ryu”) ed è per diversi aspetti simile al modo in cui viene prodotta la ceramica giapponese.

La storia della fabbrica Moonstar dura da oltre 140 anni, ed è una vera e propria istituzione nel mondo delle calzature, tant’è che fu la prima fabbrica a realizzare un paio di sneakers in tela da ginnastica per il mercato della moda giapponese, a partire – manco a dirlo – dagli anni Sessanta, a seguito di una commissione arrivata per conto del marchio di moda Vans. Oggi sono molti i marchi moderni a rifarsi alla loro esperienza e a utilizzare leo gamme di calzature prodotte a Kurume.

L’area di Kurume ha una lunga storia di produzione di gomma, ma uno dei maggiori motivi a cui deve la propria fama riguarda lo stile di tessitura Kasuri. Questo genere di lavorazione intensiva del tessuto utilizza particolari telai a navetta, creando una finitura ruvida e strutturata che è unica per ogni singola scarpa prodotta in questo modo. Sono pochissime le fabbriche moderne che usano ancora questa tecnica, poiché richiede che gran parte del processo sia svolto a mano, e oggi si preferisce affidarsi alla macchina e alla stampa per ottenere dei risultati che, pur non essendo i medesimi, si avvicinano e ne riducono il costo.

Al di là della tessitura dei Kasuri – che è solo una parte del processo – l’azienda utilizza anche metodi tradizionali altamente specializzati per tingere i tessuti delle proprie scarpe, al termine della lavorazione. La colorazione dei tessuti è la vera ciliegina sulla torta di tutto questo lungo processo, che è quasi artigianale, per via degli ottimi risultati in termini di profondità del colore, il quale patina con il passare del tempo e con l’utilizzo, rendendo ogni singola calzatura sempre più diversa dalle altre e, quindi, unica.